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giovedì 27 gennaio 2011

Made In Italy

L'altro ieri il Capo dello Stato (che ricordiamo non è eletto direttamente dal popolo, così come neppure il Presidente del Consiglio dei Ministri) ha svolto un intervento con alcune indicazioni molto interessanti.

In occasione della Giornata della Qualità Italia, al Quirinale erano presenti vari Ministri, Emma Marcegaglia Presidente di Confindustria, autorità ed esponenti del mondo imprenditoriale.

Giorgio Napolitano, ricordando come le previsioni di crescita economica siano molto inferiori alle nostre aspettative, ha richiamato tutti, ognuno per la sua parte, ad avere uno sguardo che vada al di la del mese per mese e si volga invece ad obiettivi di più lungo termine.

Un deciso invito a “guardare con serenità, con freddezza e soprattutto con slancio a quel che resta da fare” e anche ad “avere più ambizione”.

La celebrazione, comprendente alcune premiazioni, era dedicata al Made in Italy e con riferimento ad esso, nella prospettiva “ambiziosa” suggerita dal Presidente della Repubblica, credo che per una ripresa del Paese bisognerà metterci un po’ più di ingegno e fantasia rispetto a quanto espresso finora.

Aggiungere un turno di lavoro, togliere una pausa, allungarne un po’ un’altra, sono tutti palliativi di dubbia utilità (ma sicuramente generatori di conflitti).

Anche strumenti e prodotti finanziari, possono sostenere una crescita economica, ma solo se svolgono un ruolo di supporto ad una produzione, e ad una produzione che abbia un mercato.

La domanda è: perché ci ostiniamo a costruire automobili?


Il mercato automobilistico si contraddistingue per periodici e spesso imprevedibili alti e bassi. In Italia non abbiamo materie prime.

Nel 2009 tra i primi dieci produttori di auto c’erano Cina, Brasile, Corea del Sud, India, Messico.

E noi stavamo al 18° posto.

Non potremmo prendere atto che le automobili ormai le sanno fare bene e a minor costo le economie emergenti ?

E che sarebbe ora ci dedicassimo ad altro, sfruttando il nostro proverbiale ingegno e le capacità di maestranze specializzate?

Non si potrebbero riconvertire alcune fabbriche (certo, bisogna avere ambizione e una certa mentalità “visionaria”) per produrre cose diverse, che non hanno ancora imparato a fare tutti gli altri?

Voi cosa pensate che potremmo costruire, anziché automobili?

Resto in attesa di vostre gradite proposte, anche un po' utopiche, e vi ringrazio.


messaggio planetario
stabilimento Giambattista Vico
garanti della Costituzione

giovedì 20 gennaio 2011

Chiamati Alle Urne

Un’espressione un po’macabra ma significativa.
Se la previsione si avverasse e tornassimo nuovamente a votare, raggiungeremmo un record di elezioni anticipate nel breve tempo della nostra storia repubblicana.
Un record di scioglimenti anticipati delle Camere rispetto alla loro normale durata.
Ma tutto questo aumenta il clima di instabilità.
Induce a credere di poter sempre sparigliare le carte in tavola se la mano non piace.
Crea l’illusione che votare abbia l’effetto di risolvere tutti i problemi.
Porta inevitabilmente, dopo i risultati elettorali, a trionfalismi spesso ingiustificati e spesso sbandierati anche dagli sconfitti.
Induce ad una conflittualità permanente.

Non serve a nulla (gli amici anconetani pensino a cosa si è ottenuto con le ultime elezioni comunali anticipate a causa della "sfiducia" verso il sindaco Sturani).

Tutto questo non è colpa degli elettori, ma di politici incapaci a trovare accordi per garantire la stabilità.
Quella stabilità che sola permetterebbe le innovazioni e le riforme necessarie.

Ogni cosa ha i suoi tempi ed eluderli non porta a nulla di buono, specie se lo si fa solo per rimanere aggrappati al proprio scranno.

Ancora peggio sarebbe che milioni di cittadini venissero chiamati a votare in anticipo a causa di una sola persona e dei suoi problemi con la giustizia.

bipolarismo impossibile

giovedì 13 gennaio 2011

Il Fattore Umano

Fra le tante discussioni e polemiche di questi giorni, Il Giornale (venerdì 7 gennaio 2011) ha aggiunto un elemento interessante.
Lo “stipendio” dei manager e in particolare quello dell'Amministratore delegato della FIAT dott. Sergio Marchionne.

Si parla di  cifre che oscillano dai 3 ai 100 milioni l'anno, a seconda dei risultati ottenuti, e che sarebbero pari nell'ipotesi massimale alla paga di 6400 operai, mentre nell'ipotesi minimale corrispondono, direi, a quella di 190 operai FIAT.
Il quotidiano riporta una opinione a favore ed una contro questa straripante massa di denaro incassata dal manager in questione.
Il commento a favore è del giornalista Giuseppe De Bellis il quale rileva che “non c'è nessuno scandalo a pagare cifre lunari a un supermanager fino a quando fa fare soldi alle aziende e così garantisce posti di lavoro e potenzialmente salari migliori per tutti i lavoratori".

Tutto sommato una sana rivalutazione del fattore umano e della qualità del lavoro dell'individuo commisurata ai risultati ottenuti: la famosa meritocrazia.

Proprio in questa ottica, propongo e mi auguro che tutti coloro i quali (maestre, insegnanti, docenti...) hanno avuto il merito di contribuire alla formazione di questo genio abbiano anch'essi la giusta remunerazione, una remunerazione pari, anche per loro, al risultato ottenuto: un Amministratore delegato da 100 milioni l'anno.

giovedì 6 gennaio 2011

Messaggio Planetario

Come accade spesso, badiamo soprattutto al nostro orticello, anche nelle occasioni in cui il respiro potrebbe essere un po' più ampio.
Del messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica abbiamo così colto unicamente ciò che è di immediato interesse cronachistico.

Infatti i commentatori si sono soffermati, fra tutti i temi trattati, più che altro su quelli dei giovani e del fisco, di Napoli, disoccupazione, produttività, debito pubblico, rinascita economica, spesa pubblica etc.

E vai col coro di plausi bipartisan al Presidente, un uomo di 85 anni che dimostra di avere vedute ben più ampie dei suoi sicuramente più giovani (anagraficamente) commentatori.

Infatti, ed è questa la parte del discorso che più mi ha colpito, il Presidente Napolitano ha tentato di farci comprendere, in una prospettiva internazionale e al contempo con solido realismo, che un certo ritmo di progresso vertiginoso, così come finora vissuto nella nostra parte di mondo, non può essere mantenuto.

Ma anche se “il sogno di un continuo progredire nel benessere, ai ritmi e nei modi del passato, è per noi occidentali non più perseguibile, ciò non significa che si debba rinunciare al desiderio e alla speranza di nuovi e più degni traguardi da raggiungere nel mondo segnato dalla globalizzazione”.

Il Presidente ci sottolinea come i risultati, il progresso economico e il benessere raggiunto dai paesi (continenti!) emergenti, il loro progressivo emanciparsi dalla fame e povertà, non sono soltanto una loro conquista, ma una vittoria per tutti noi, una “conquista della nostra comune umanità”.

Mi sembra l'invito ad impegnarci in uno sforzo comune per uno sviluppo che non sia solo a vantaggio di alcuni e scapito di molti altri.
Un discorso, nel 150° anniversario dell’Unità d’italia, tutt’altro che “nazionalista”.

Grazie Signor Presidente.

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