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sabato 28 novembre 2009

Coraggio Di Partire, Coraggio Di Restare

Televisione e giornali sempre più frequentemente in questo periodo propongono, sotto forme che vanno dal tragico al caricaturale, storie e testimonianze di persone che si sentono nate in un "corpo sbagliato".
Nate in un corpo, maschile o femminile, non corrispondente a quella che esse sentono come la propria vera identità sessuale.
Il fenomeno, o perlomeno la sua emersione, sembra in aumento,  le testimonianze sono spessso drammatiche ed evocano sofferenze interiori e anche fisiche, fatte di farmaci e chirurgia.
I protagonisti e i loro interlocutori evidenziano spesso il coraggio necessario ad intraprendere un sentiero così impervio.
Su questo mi vorrei soffermare.
Il coraggio è affrontare difficoltà e pericoli, disposti a pagare in prima persona, per un obiettivo od un ideale.
Il coraggio inoltre porta in sé, per definizione, la possibilità del fallimento, altrimenti non sarebbe una virtù.
Io spero che il coraggio di chi compie queste scelte sia sempre unito alla consapevolezza di un possibile fallimento, possibilità che sempre accompagna ogni umana impresa.
Aggiungo un'altra considerazione.
Un senso di estraneità a se stessi o alla realtà si presenta spesso nella vita di molti di noi, anche se per fortuna raramente in forme così estreme.
Mi chiedo allora se c'è più coraggio nel cambiare a tutti i costi, o nell'accettare e nell'accogliere come  positiva opportunità ciò che si è e il luogo dove ci troviamo.
Se di fronte a situazioni di conflitto con se stessi, sia più coraggioso chi con sofferenza sceglie di andarsene, o chi con altrettanta sofferenza sceglie di restare.

king size (il male minore ?)
censimento fatale
ordinary servants (l'orgoglio del servitore)
ministro Mara Carfagna 
pari opportunità per tutti
depressione mortale
 il disagio che nasce dall'agio

lunedì 16 novembre 2009

Radiato A Vita: Grazie Fia

E' di questi giorni la notizia del ricorso presentato da Flavio Briatore contro la condanna inflittagli dalla FIA, con relativa richiesta di risarcimento da parte dello stesso sig. Briatore.
Un ricorso e un appello non si negano mai a nessuno, ma in questo caso particolare devo dire che Briatore riscuote tutta la mia simpatia.
In realtà non è chiaro se sia stato radiato "a vita" dalla Formula 1 o solo "a tempo indeterminato", ma ci piace di più la prima versione.
In un mondo in cui tutto è relativo, in cui persino il sesso di una persona non è più né certo né stabile, in cui i colori di un telefonino non sono vivaci o brillanti, ma "divertenti", un punto fermo ci voleva.
Radiato a vita: proprio come in un romanzo di De Amicis o in un film di Fantozzi !
Credevamo tutto fosse diventato relativo, aleatorio, transeunte e invece no !... grazie Fia, che ci riporti alla solidità di scelte chiare e definitive, che ci richiami al senso di nobili valori che credevamo ormai irrimediabilmente perduti.
Radiato a vita: sentite come suona; è ancora più confortante dei Fagottini del Mulino Bianco, e ci fa sognare di ideali ferrei ed incorruttibili.
Sig. Briatore, è proprio sicuro che non sarebbe più onorevole rinunciare all'appello ed accettare il marchio di "radiato a vita" ?
Tanti auguri.
si invocano leggi più severe
morale: a terra (2)

mercoledì 4 novembre 2009

Il Prezzo Del Dolore

Abbiamo già visto le tristi, anche se forse necessariamente consolatorie, diatribe circa il risarcimento di somme più o meno alte se l'aereo cade da 1000 o da 5000 metri etc uomini e prezzi.
Un prezzo per il dolore psicologico subito dal beneficiario che è morto, ma almeno va agli eredi...
Mi chiedo se queste macabre contabilità non siano un ulteriore modo per allontanarci da noi stessi.
In fondo ciascuno di noi è ciò che mangia, respira etc, ma è anche ciò che soffre.
Dare un prezzo a ogni dolore compresa la perdita di una persona cara pone uno schermo tra noi e una fetta della realtà che è "naturalmente" fatta di lacrime e sangue
Una realtà dolorosa ed inevitabile.
Attenzione, non "dolorosa ma inevitabile".
Dobbiamo ricominciare a saper sommare, ad aggiungere, e non a considerare alcune dimensioni di vita come tetri ed inevitabili pedaggi da evitare o da "prezzare".
Non sono certo un fanatico della sofferenza, anzi, ma se penso a tutto il dolore, innocente o meno, di cui è fatta la storia dell'uomo, capisco che volerlo ripudiare, assieme al sangue di chi ci ha partorito e alle lacrime versate quando la notte non dormivamo mai è  ripudiare una parte di noi, e negare la dignità del ricordo e della celebrazione a coloro che hanno sofferto prima di noi e "per" noi.

poter sognare solo il quotidiano
i giornali di marzo
scarsa immaginazione
depressione mortale II